Ora ci presentano anche come inadempienti e furbetti incalliti. Fanno passare il messaggio secondo cui l’insolvenza dei meridionali in materia tributaria sarebbe il motivo che impedisce al territorio di riferimento di mettersi al passo delle altre regioni. Naturalmente i giornali di sostanziale ispirazione padana ci vanno a nozze nel farci neri, perché questa impostazione è stata sempre cara soprattutto ai settentrionali di marca bossiana. Sono recenti rilevamenti a farci mettere ancora una volta sulla graticola delle accuse, dato che gli ultimi dati statistici pongono il Sud al primo posto per quanto concerne la evasione fiscale. Questa volta l’”accusa” viene dal presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, il quale ha relazionato in sede parlamentare. In Italia, ha detto, si annida una evasione dell’imposta sul valore aggiunto pari a 38 miliardi e 269 milioni di euro. Nove miliardi e 944 milioni nel Nord Ovest, 6 miliardi e 738 milioni nel Nord Est, 6 miliardi e 910 milioni al Centro, 14 miliardi e 677 milioni al Sud. La propensione ad evadere tale tassa è mediamente del 29,3% in Italia, con valori del 24% a Nord Est e al Centro, di oltre il 25% nel Nord Ovest e punte del 40% al Sud, comprese le isole. Anche per l’Irap (l’imposta versata dalle società) la musica non cambia, posto che anche in questo caso il Mezzogiorno occupa la prima posizione di evasione con due miliardi e 818 milioni. Nella graduatoria per province troviamo Foggia, Lecce, e la Bat. I dati come riferiti dal numero uno della Corte dei Conti sono così eloquenti da spiazzare ogni difesa a favore dei contribuenti meridionali.
Invece, nella logica extracontabile la realtà è ben diversa. Ovviamente, quando si affronta questo argomento bisogna tener conto dei livelli di ricchezza, che al Nord è tale da consentire una minore propensione, anche psicologica, a non pagare le tasse, che, quantunque alte come altrove, riescono a mantenere un netto che può assicurare un discreto tenore di vita. Al Sud la storia è ben diversa, dato che senza l’evasione non si riuscirebbe a garantire persino la sopravvivenza, perché i redditi sono talmente bassi, quando ci sono, che la sforbiciata fiscale azzererebbe anche i minimi disponibili. Se tutto avvenisse formalmente ( rilascio fatture, scontrini discali, ecc) tanti commercianti, artigiani e piccoli operatori della strada dovrebbero farsi ospitare dalla Caritas diocesana. Significativa una recente inchiesta televisiva a Napoli. E’stato chiesto ad alcuni cittadini, che, alla luce del sole, hanno a che fare col contrabbando perché continuano a svolgere questa attività illegalmente, sfuggendo, tra l’altro, ad una tassazione che sarebbe doverosa anche a beneficio dell’intera comunità. “Dottò, la risposta, senza il contrabbando e i furti qui non riusciremmo a campare, dato che il lavoro è solo una illusione. Cosa dovremmo fare? Suicidarsi?” Giustificazione questa moralmente non condivisibile, ma comprensibile nella misura in cui si guarda alla situazione economica e civile meridionale con occhi che guardano al realismo della situazione.
Antonio Di Muro
Giornalista pubblicista
Funzionario a riposo gruppo bancario
INTESA-SAN PAOLO