Nell’era della globalizzazione , tenere una lezione, o seguire un ciclo di seminari dedicati alle tradizioni e alla cultura locale; per locale intendo non solo di Foggia ma dell’intera sua provincia, genera stati d’animo e produce considerazioni che non sempre trovano facile risposta. Localizzazione e globalizzazione: questo il punto. Come riuscire a tenere insieme due opposti guardando al futuro e al progresso, del quale, ovviamente, nessuno può e vuole impedirne il rapido svolgimento e, nello stesso tempo, tener vivo il passato. E’ questa la sensazione che si prova assistendo ad una qualsiasi delle lezioni che si tengono presso l’Università del Crocese di Foggia che, è anche l’unica scuola di studi, tradizioni e storia locale.
Non è semplice ascoltare o raccontare le scene di vita degli inizi 900 o della vita del terrazzano, oppure dei frugali piatti che si mettevano in tavola, le tradizioni legate al culto dei Santi e delle feste di Pasqua e Natale, o dei morti; i mestieri oramai scomparsi, i mestieri di una volta, le tragedie della guerra; delle giornate che trascorrevano, quando ancora non esistevano, senza televisioni e radio e, ancora prima, senza nemmeno la luce elettrica e l’unica “fonte” di cultura erano i libri e la lettura. Tutto ciò, mentre a pochi metri da dove tutto questo si ascolta o si insegna, moderne e sofisticate “macchine” ti collegano in pochi secondi con il resto del mondo e ti “scaricano” tutto lo scibile umano. La televisione monopolizza le tue idee ed è capace di farti credere anche ciò che non è; le multinazionali e le banche sono i padroni del mondo e abbiamo sempre troppo poco, o per nulla, tempo da dedicare ai nostri interessi, alla lettura, alla famiglia, ai figli. Una spirale; un vortice che trascina ogni cosa, mentre per raccontare il passato abbiamo bisogno di chi ci ascolta; di chi ci parla e di tempo.
Allora? Mi domando: come si può, ma soprattutto, ha ancora un senso, in tempi di globalizzazione, parlare del passato; soffermarsi sugli interessi “locali”? La risposta non può che essere e deve essere, secondo me, una; Si. Ha un senso ed è anche un obbligo, se vogliamo, continuare a mantenere vivo e costante nel tempo, il ricordo del passato: dei momenti belli e quelli tragici; delle tradizioni dei nostri padri, nonni e avi. E’ una sorta di contrappeso che può e deve servire a mantenere in equilibrio la storia. Se dimentichiamo tutto il nostro passato, presto saremo “figli di nessuno”. Persone senza passato. Ed è ciò che l’uomo deve evitare che accada. Il passato; la sua memoria, il suo costante ricordo, non è un esercizio dialettico o qualcosa che serve a riempire pagine di libri. No! Il passato è la storia stessa; sono le vicende e i fatti che hanno preceduto la nostra era. Possiamo dire, che anche grazie ai loro accadimenti il futuro ha potuto evolversi verso il progresso che oggi conosciamo. “Nulla si crea e nulla si distrugge”. Il principio di Lavoisier potrebbe essere il sottotitolo dell’articolo articolo. Non si distrugge il passato con il futuro; non si crea il futuro rinnegando o senza il passato. Questo, credo, è quanto devono comprendere tutti coloro che a vario titolo sono impegnati nell’opera di educazione dei giovani: genitori, scuola, istituzioni, società. Legare a filo doppio il passato con il presente e prepararsi al futuro sapendo che, per esempio, dopo essere stati davanti al pc e magari, in video collegamento, parlato con l’altra parte del mondo, possiamo consumare un piatto di caldo e saporito pan cotto fatto secondo la tradizione che le nostre mamme avranno tramandato alle future nostre nuore. Così, dopo aver parlato per ore di spread che sale o scende; azioni, borsa, indici ecc, passare la serata con gli amici del circolo del proprio Paese e farsi due sane risate tra una partita a carte, una birra, magari parlando solo nel dialetto locale.
Come vedete, non è affatto impossibile, anzi è sempre più auspicabile che “localizzazione” e “globalizzazione” vadano di pari passo. E quando vedo i tanti anziani che, tra gli altri, frequentano i corsi dell’Università del crocese, me ne convinco ancora di più e sapete perché? Perché resto incantato e meravigliato di come, al mio cospetto, che in materia ho appena le basi, sono capaci di usare quei moderni pc portatili che non riesco ancora a definirli, oppure le macchine fotografiche digitali di ultimissima generazione, come fossero un paio di occhiali da inforcare. E sono tutte persone semplici, provenienti magari dai quartieri più vecchi, che ancora vanno a fare la spesa dal macellaio di fiducia, dal fruttivendolo di sempre e cucinano le ricette uguali a 40 anni fa. Allora, mi chiedo ancora: è davvero possibile pensare al futuro, guardando al passato? Io credo di si. Per questo ben vengano le iniziative culturali come i seminari dell’Università del crocese: l’ultimo dei quali, conclusosi appena qualche giorno fa e organizzato dal Prof. Angelo Capozzi, dedicato ad una delle Città storicamente e culturalmente più importanti della nostra provincia: Troia. Lezioni che hanno riscosso un grande successo di partecipanti, grazie anche alla professionalità e livello culturale dei relatori. Sono, questi, i momenti necessari per “staccare” la spina dal frenetico vivere quotidiano e ritrovare , nel nostro comune passato, il “carburante” per affrontare bene il futuro.
Dr Salvatore AIEZZA