La celebrazione dell’anno giudiziario è diventata ormai soltanto una inutile passerella. Una occasione per far sfilare alti magistrati tra telecamere e flash dei fotografi. Risultato: praticamente nulla. Anno dopo anno, i giudici delle Corti di Appello finiscono col denunciare sempre le stesse deficienze del sistema giudiziario, ricevendo solo consolatorie assicurazioni di massima dai Ministri della Giustizia di turno presenti in aula. Anzi, qualche volta diventa anche occasione di polemica, come quando al Dicastero si sono alternati Ministri leghisti, la cui presenza indigesta ha indotto tante volte alcuni magistrati e avvocati a lasciare la sala della cerimonia in segno di protesta. Insomma, niente risultati, polemiche molte. Vengono in superficie le stesse carenze segnalate negli anni precedenti, con il conseguente aggravamento delle situazioni, per via della mancanza dei ripetuti interventi richiesti in precedenza. Due temi campeggiano nelle disamine: la carenza delle carceri e la relativa condizione di inumanità al loro intervento determinato dal sovraffollamento; il tempo medio delle sentenze tocca picchi vergognosi, sia nel penale che nel civile. Cosa chiedono i magistrati? Più strutture carcerarie, diversa organizzazione del lavoro ed immissione in organico di nuovi operatori di giustizia, ivi compresi personale di cancelleria e ausiliario.
Lo Stato cosa fa? Praticamente nulla, Anzi, quando si muove fa più male che bene. Fa promesse circa le nuove case di detenzione, mentre dimentica che vi sono tante sparse in Italia vuote o realizzate a metà ( anche in Puglia e al Sud più in generale) , come le tante inchieste televisive scandalosamente dimostrano. I tempi dei processi aumentano progressivamente, quasi in automatico, talvolta con un gioco di scaricabarile tra magistrati, avvocati e politici. Per le carceri basterebbe mettere in funzione quelle già realizzate o parzialmente realizzate e il problema potrebbe essere risolto. Perché questo non avvenga non si comprende. Allora se queste cerimonie sono inutili o superate, tanto vale abolirle. Bisognerebbe prendere esempio da alcuni comandanti dei vigili urbani, i quali hanno cassato la festa di San Sebastiano, protettore del Corpo, occasione questa che serviva per fare i bilanci e proposte alla presenza degli amministratori comunali. Tutti gli anni si ripeteva la stessa cosa: i vigili a denunciare e chiedere, gli amministratori a farsi scivolare addosso tutto. Poste così le cose, i comandanti hanno pensato bene di abolire la festa e di restringerla alcune volte alla sola cerimonia religiosa. Sperando che almeno il buon Dio possa ascoltarli!