Proseguono i dibattiti circa l’eventuale abbandono dell’euro a beneficio del ritorno della nostra liretta. Il gruppo dei favorevoli si va progressivamente ampliando, man mano che aumentano le difficoltà addebitabili all’introduzione della moneta unica europea. Il fronte dell’abbandono - inizialmente costituito, diciamo così, da economisti di secondo piano - coinvolge ora anche menti e penne di primo piano, tra cui recentemente il Premio Nobel dell’Economia Paul Krugman, che pure un tempo era tra i tifosi della globalizzazione della moneta per i paesi dell’UE. Ovviamente, il cittadino disorientato si pone questa domanda: se veramente ci sono dei margini per poter rivedere, rinegoziare le condizioni che hanno consentito l’ingresso dell’euro perché tutti a livello istituzionale e tra quelli che l’hanno battezzata ( Prodi e compagni) mantengono la bocca cucita, quasi fosse un peccato grave parlarne? Nella contrapposizione tra coloro che propendono per il “si” e quelli del “no” c’è forse una omissione di fondo da parte di entrambe le sponde: nessuno dice come il ritorno della lira potrebbe avvenire tecnicamente e quali vantaggi ricavarne. Si fanno per lo più discorsi accademici, di principio che, però, si scontrano con la realtà di tutti i giorni, una realtà che, a parte la crisi generalizzata, ha ridotto di una buona metà del potere di acquisto della moneta unica. Più che fare discorsi sui giornali occorrerebbe esaminare la cause che hanno portato alla decadenza dell’euro o, meglio, quelle condizioni di partenza che ne hanno consigliato l’adozione. E’ di qui che bisogna ripartire.
Certo, la crisi dell’economia ha accelerato il processo di svalutazione della moneta, ma non è la causa di partenza. Bisogna ridiscutere i parametri di concambio della lira, che alla luce dei fatti successivi, sembrano squilibrati o discutibili rispetto alla reale forza intrinseca delle monete allora in circolazione. Anche all’estero l’interrogativo continua a circolare, soprattutto in Grecia dove la questione è stata posta in maniera più marcata, al punto da immaginare un referendum circa la ulteriore sostenibilità del biglietto europeo. In tanti dicono che un eventuale ritorno alla lira porterebbe ad un declassamento ulteriore della nostra lira, con ricadute pesanti sull’economia e sulla stessa potere d’acquisto. Può essere vero. Ma, qualcuno calcolatrice alla mano, dovrebbe farcelo capire e dimostrarlo. Altri dicono che l’euro ci ha salvati, ma anche in questo caso mancano i riscontri pratici. Anzi sembrerebbe il contrario. Insomma, sinora solo chiacchiere. Di quelle l’uomo della strada è stufo di ascoltarle! Lui capisce soltanto che quando va a fare la spesa il suo borsellino diventa sempre più leggero. Che sia stata l’euro o altro poco conta. Né conta il fatto di avere in portafoglio il biglietto europeo o quello nazionale. L’importante è trovare una soluzione che rilanci davvero l’economia, indipendentemente dallo strumento attraverso cui essa plasticamente si esprime. Specie al Sud, dove la condizione di povertà è assoluta e ormai quasi percettibile a vista d’occhio.
Antonio Di Muro