Abbiamo un’altro elemento per affermare che le agenzie di rating sono da considerarsi inaffidabili. E non ci riferiamo alle indagini della Procura di Trani che ha rinviato a giudizio i responsabili di una di queste, bensì ad una recente valutazione che francamente lascia sul campo molte perplessità. Sino a poco tempo fa la Grecia era ritenuta sull’orlo del baratro da tali agenzie, motivo per il quale tutti gli indici di credibilità patrimoniale e di solvenza sono stati abbassati drasticamente. Ad un tratto, giorni fa, alcuni di questi indici sono stati rivalutati, senza che ci siano state condizioni di seria ripartenza dell’economia in grado di giustificarli. Difatti, la Grecia continua ad essere più pezzente di noi e la sua condizione di povertà sta facendo il giro del mondo. Naturalmente saremmo lieti se veramente in Grecia si incominciasse a respirare meglio, come dire a magiare di più. Le rilevazioni di queste agenzie di rating erano state già messe in discussione dagli stessi americani (Obama ha detto di non star troppo dietro alle loro “sentenze” e lo stesso nostro Mario Monti, più o meno, è stato dello stesso parere), ma nonostante ciò non è stata avvertita l’urgenza di un argine corretto alle loro presunta “disinvoltura” nelle analisi. Se si trattasse di un semplice gioco di azzardo, benché sconsigliabile, non ci sarebbe nulla da dire, se non sul piano morale. Qui, però, si tratta di salvaguardare l’economia di tanti Paesi, specie di quelli già in difficoltà per ragioni obiettive interne ed anche per mancanza di solidarietà internazionale. Qui si tratta di salvaguardare il portafoglio dei poveri cittadini, i quali si vedono decurtato il potere di acquisto delle loro buste paga e del loro risparmio (ammesso che ce l’abbiamo ancora!), per cui la questione non può essere risolta con una scrollatina di spalle, semplicemente all’insegna solo “non datele retta”.
Ci sono state troppe azioni di invadenza che consiglierebbero una ridefinizione del ruolo di questi organismi, che, guarda caso, pare ce l’abbiamo a morte con i Paesi dell’eurozona, dimenticando che la crisi globalizzata è partita proprio dagli Stati Uniti e si è rovesciata su tutto il resto del mondo con una violenza devastatrice. Viene il sospetto che nelle analisi si abbia un occhio particolare proprio per l’America, che non versa in condizioni di grande credibilità e non sempre i suoi guai vengono portati in superficie con la velocità e la sottolineatura mostrate in circostanze analoghe che riguardano altri Stati e gli stessi alleati. Con questo non si vuole fare un processo di assoluzione per i nostri guai, dei quali siamo certamente responsabili. Se però in un quadro internazionale molto debole, specie quello dell’eurozona, ci sono anche infiltrazioni di analisi non proprio corrette, le conseguenze non possono che essere disastrose per la collettività. Adesso un po’ meno, ma sino a pochi mesi fa un “verdetto” delle agenzie di rating sconvolgeva i mercati e riduceva sempre di più in povertà gli Stati colpiti. Come dire che faceva più poveri i cittadini di riferimento. Vedremo a quale approdo giudiziario porteranno le inchieste della Procura di Trani. Ma, intanto, bisognerebbe porsi il problema di dare una regolata ad organismi che pontificano a ruota libera.