Da un paio di mesi l’ex Ministro del Governo Berlusconi professor Renato Brunetta firma su un giornale nazionale ( e ovunque gli viene data la possibilità di scrivere) delle vere e proprie “requisitorie” all’indirizzo di Mario Monti, accusato di dire balle (sì, proprio questo è il termine) in relazione alle condizioni della finanza italiana. E lo fa – bisogna dirlo- elencando cifre in quantità e facendo confronti tabellari che a prima vista sembrerebbero perdenti per l’altro professore tecnico Monti. La cosa ha costretto lo stesso presidente del Consiglio a replicare a muso duro, tacciando l’altro professore, appunto Brunetta, di incompetenza e faziosità. Se la disputa non intaccasse il portafoglio di noi poveri mortali potrebbe anche essere divertente. Sarebbe una specie di derby tra due professori universitari, che se la cantano e se le danno per riaffermare la loro superiorità, come dire?, cattedratica. Il fatto è che questo duetto ci conferma che è la politica nel suo insieme a raccontarci le bugie o balle come dice Brunetta . Forse la verità sta nel mezzo ed è questa verità che gli italiani avrebbero il diritto di conoscere, specie ora che devono andare alle urne.
Un esempio. Monti dice che a novembre 2011 l’Italia non avrebbe potuto pagare stipendi e pensioni. Brunetta replica che è una balla, non solo perché queste spettanze sono state onorate puntualmente, ma pure perché i conti al citato novembre del 2011 non erano peggiori di quelli datati lo stesso mese dell’anno successivo. Nella stanze romane si dice che probabilmente è stata l’impostazione di Brunetta a convincere il Cavaliere Berlusconi ad aprire la crisi governativa e a portarci anzitempo alle elezioni. Quello che va rilevato, pur non entrando nel merito delle argomentazioni per mancanza di elementi di verifica, è che Renato Brunetta è stato ascoltato Ministro del Berlusconi, per cui avrebbe potuto argomentare nel senso che fa oggi nella sede istituzionale adeguata, appunto il Governo. Sappiamo che spesso è andato in collisione anche col suo collega Giulio Tremonti quando non è stato d’accorso sulle ricette adottate per ridurre il debito pubblico e alleggerire la fiscalità. E questo gli farebbe onore. Ma, avrebbe potuto avere più onore se si fosse dimesso, perché solo con un atto dimostrativo eclatante forse si sarebbe potuta conoscere sin d’allora la verità sui conti pubblici. E, allora, a chi credere? A Monti o a Brunetta? Per intanto, noi paghiamo le eventuali manchevolezze operative ( o balle!) sia dell’uno che dell’altro.