Se anche i governatori incominciano a sostenere che le Regioni vanno abolite o, comunque, rivisitate e riconsiderate vuol dire che siamo alla frutta. Sino a poco tempo fa l’esercito dei favorevoli alla soppressione era piuttosto scarso, per cui questo ampliamento di posizioni negative o quantomeno critiche lascia intendere che veramente ci troviamo di fronte al fallimento di un modello istituzionale che avrebbe dovuto sconvolgere in positivo la vita politica e sociale. Quelli che si azzardavano ad esprimere opinioni negative era visti con sospetto o, nel migliore delle ipotesi, come strumentalizzatori del tema per ottenere un po’ di visibilità mediatica. Ora diversi governatori, sia pure con le cautele imposta dalla loro responsabilità istituzionale, vanno sostenendo che il modello-regione, così come previsto dai padri fondatori, è stato tradito e stravolto e che, quindi, ha bisogno di essere sintonizzato col quadro nazionale, anche per evitare sovrapposizione di funzioni che minano alla radice pure la stessa stabilità dell’assetto economico. In relazione a quest’ultima considerazione è da tutti riconosciuto che alla formazione del famoso debito pubblico concorrono le spese pazze ed immotivate delle Regioni, che si sono rivelate divoratrici di risorse per ragioni clientelari o per rafforzare i presidi politici di potere. Basta pensare alla sanità! Ci sono ora 20 servizi sanitari che si comportano con differenze e discriminazioni inaccettabili. Servizi che talvolta sono voragini di costi non sempre rivenienti da una gestione corretta.
Hanno fatto notizia le recenti dichiarazioni del governatore della Campania Stefano Caldoro, il quale non ha avuto difficoltà ad ammettere che, così come sono strutturate, le Regioni non possono funzionare come dovrebbero e che un loro ripensamento andrebbe fatto, anche nella direzione ultima di una possibile eliminazione. Per Caldoro, e per quelli che stanno sulle sue posizioni, occorrerebbe tornare allo spirito della Costituzione, laddove questa parla espressamente del fatto che questi enti territoriali dovrebbero avere come compito principale quello della programmazione e pianificazione. Non certo quello della gestione di risorse. La Costituzione non voleva fare dei mini-Stati. E, invece, questo sono diventate col tempo le Regioni. E spesso le funzioni si raddoppiano perché lo Stato mantiene molte delle prerogative amministrative, anche nei settori gestiti dalle Regioni, con conseguente spreco di risorse. Naturalmente sono tutte osservazioni condivisibili, che, però, devono fare breccia nel muro di quella politica che fa esattamente il contrario e si comporta di fatto per mantenere lo statu quo. Specie quando si parla di togliere alle Regioni le risorse, che sono quelle che si appiccicano nel cavo delle mani degli amministratori regionali. Al punto che i nostri politici preferiscono optare per le Regioni anziché per il Parlamento Nazionale! Un motivo ci deve pur essere. O no? A distanza di anni si rivelano profetiche le perplessità di quanti prevedevano che la istituzione dell’Ente regione avrebbe complicato la situazione, (mettendo, tra l’altro, in campo tanti conflitti di competenze) e, nello stesso tempo, comportato una dispersione di risorse a beneficio della politica. Era il contrario di quello che sarebbe dovuto accadere.