Forse è comprensibile che la gente incominci a non avere più fiducia delle rilevazioni statistiche. Spesso tante di esse danno adito a interpretazioni di scettica condivisione, determinando, così, disorientamento nella pubblica opinione. L’ultimo caso riguarda una indagine condotta dalla Agenzia Nazionale della Salute, che ha stilato una graduatoria di efficienza degli ospedali italiani, dando conseguentemente pagelle a tutto campo. I più tartassati sono stati i nosocomi meridionali (voleva essere diversamente?), che sono finiti nelle zone basse della classifica, come dire in zona retrocessione. All’indomani della pubblicazione dei risultati, i responsabili delle strutture ospedaliere del Sud hanno protestato energicamente, sostenendo il contrario di quanto emerso nelle conclusioni statistiche, citando fatti e cifre di segno opposto. Addirittura nelle zone basse della graduatoria citata della Agenzia sono finite anche quelle che venivano considerate delle eccellenze e che tali sono in effetti, perché il loro contributo, anche scientifico, è unanimemente riconosciuto dai vertici della scienza medica. Non entriamo nel merito della questione, perché occorrerebbe avere dati a disposizione in grado di fare confronti non a distanza, ma sul campo e con la necessaria competenza. Quello, però, che c’é da dire è che queste rilevazioni determinano sconcerto, dato che fanno opinione e che sono indicative anche per la politica di programmazione sanitaria, che spesso dà alle rilevazioni statistiche una importanza dimensionata in eccesso.
E’ in relazione a dette rilevazioni che spesso si fanno tagli orizzontali nella spesa pubblica, cioè senza tener conto delle vere competenze e della qualità dell’assistenza e del lavoro di ricerca. Influenzano anche l’opinione pubblica, per cui si fa talvolta opera di discriminazione verso quelle realtà che le statistiche danno un punteggio negativo e che, invece, il mercato valuta in maniera ottimale. Tutto ciò merita particolare attenzione, dato che la questione riguarda la salute dei cittadini, che potrebbero essere fuorviati nella scelta delle strutture ospedaliere dove farsi curare. E attraverso tale scelta si commisurano anche i relativi costi e disagi nella mobilità. Perché per un pugliese, ad esempio, un conto è scegliere un ricovero in Lombardia, altro è optare per la regione di origine. Beninteso, non che si intenda assolvere quelle strutture che obiettivamente mostrano qualche affanno, soprattutto dopo la messa in campo del nuovo piano di riordino ospedaliero e delle strutture sanitarie di assistenza. Solo che la generalizzazione e la possibile strumentalizzazione possono produrre conseguenze negative serie anche per quelle realtà che fanno il proprio dovere, talvolta anche in condizioni di difficoltà. Dunque, le rilevazioni statistiche vanno presene in considerazione col beneficio di inventario, con molta prudenza, poiché talvolta la evidenza dei loro numeri non sempre coincide con la realtà delle situazioni prese in esame. Lo abbiamo visto con le società di rating, che spesso si sono rivelate un bluff nelle valutazioni dei mercati finanziari, procurando danni di notevole entità!