Nel suo ultimo editoriale (il Sole24ore) il fine economista Giuliano Amato manifesta tutta le sue perplessità in ordine alle proposte di alcuni esperti - anche internazionali - di abbandonare momentaneamente l’euro per dare priorità ad un programma che consegua finalmente l’integrazione politica europea. In definitiva, si tratterebbe di dare quella omogeneità politica tra i vari Stati, secondo il progetto originario immaginato dai padri costituenti. Ovviamente, un proposito, certamente nobile, che determinerebbe un salto di qualità tra gli Stati membri, proposito che, però, richiede molto tempo per essere realizzato, per cui il rischio è che salti anche quella integrazione finanziaria raggiunta molto faticosamente. In effetti, come sostengono questi esperti, andava fatta prima la omologazione di una politica unitaria e solo successivamente pensare di far nascere la moneta unica, che sarebbe dovuta poggiare su una linea politica complessiva che raccordi i valori comuni e, qualora ce ne fosse bisogno, recuperi quegli spazi di disarmonia utili in vista di un progetto complessivo comune. Posto che tutto ciò non è avvenuto, afferma Amato, bisogna consolidare la base comune finanziaria, che allo stato può essere trainante per conseguire quella politica.
A questo punto, potrebbe essere proprio la situazione finanziaria dell’eurozona - pur con tutte le sue difficoltà e perplessità - ad aprire la strada al disegno di integrazione politica, anche in relazione al fatto che ormai si diffonde sostanzialmente aria di democrazie diffuse in tanti Stati, anche se alcune di esse non possono certamente dirsi perfette. Del resto, è lo stesso presidente della BCE, Mario Draghi, a sostenere che “l’assetto istituzionale a cui l’euro fu affidato all’origine è del tutto inadeguato e che i dubbi e il nervosismo dei mercati davanti alla parzialità, alle lentezze e alle reticenze del processo con il quale a pezzi e a bocconi lo si sta rafforzando, possono esplodere da un momento all’altro. Sarebbe un errore dalle conseguenze incalcolabili resettare tutto e partire come se nulla fosse accaduto. Insomma, paradossalmente ci troviamo in una situazione rovesciata, nel senso che potrebbero essere l’economia e la finanza a fare azione di trascinamento, quasi galvanizzante verso la integrazione politica e non al contrario, come dovrebbe essere. E se anche la Germania frena dinanzi ai tentativi di affossare l’euro per pensare ora alla grande nella direzione di trovare un minimo comune denominatore in termini istituzionali, qualche ragione ci deve essere. Nel senso che la Merkel non pensa e manda a dire le cose a vanvera!