Ho trascorso tanti anni della gioventù a esultare per le gesta di Pietro Mennea. Da piccolo, poi, un amico di famiglia rammentava di aver gareggiato, a Foggia, contro il “gigante di Barletta” e di aver avuto, inevitabilmente, la peggio.
Ho sempre amato l’atletica leggera e non c’erano campionati, meeting, confronti tra nazioni che mi perdessi, grazie anche all’ampio spazio che la RAI dedicava a questi eventi, col commento del grande e mai dimenticato Paolo Rosi. Ricordi ancora nitidi: il gigantesco Marcello Fiasconaro, Franco Arese, Giuseppe Gentile (che per pochi minuti assaporò nel ’68 il record del mondo del salto triplo a Città del Messico), Paola Picchi, Sara Simeoni... Ricordi consumati in ‘bianco e nero’ e solo per pochi anni gustati anche a colori. Poi, impegni personali e una TV sempre più “distratta” mi hanno allontanato dall’atletica leggera rispetto alla quale nutro sempre grandi rispetto e passione, non solo per gli esiti cronometrici ma anche per le storie che spesso si legano a un campione.
E Pietro Mennea campione lo è stato al cubo: col solo aiuto della forza fisica e della tenacia, il brutto anatroccolo riuscì a trasformarsi in pochi anni nella “Freccia del Sud”. E qui si ferma la storia, divenuta leggenda, di un giovane pugliese di Barletta che in 19 secondi e settantadue centesimi riuscì a cancellare lo strapotere degli sprinter di colore, diventando “l’uomo più veloce del mondo”.
Ma questa storia si ferma solo per incrociarsi con quella di un altro pugliese – ignoto tuttora agli stessi pugliesi e agli italiani – divenuto anche lui, altrove, in un’altra epoca e in un altro sport, “l’uomo più veloce del mondo”.
Mi riferisco a Ralph De Palma (all’anagrafe: Raffaele De Palma), nato nel 1882 a Biccari, un piccolo paese della provincia di Foggia, e morto a Los Angeles nel 1956, e che all’età di 10 anni emigrò con la famiglia per gli Stati Uniti. Qui conobbe – dal 1908 al 1935 – una carriera sportiva che definire straordinaria è poco; una carriera cominciata sulle due ruote (prima ciclismo e motociclismo) e proseguita poco dopo sulle quattro ruote. Una carriera che lo vide primeggiare, in gara e per le qualità umane: vinse in totale 2.557 corse sulle 2.887 alle quali partecipò in circa 30 anni di attività, e in tante occasioni dimostrò un garbo da vero gentleman, come ha raccontato, con un eccezionale volume riccamente illustrato, lo storico statunitense dell’auto Gary Doyle, che nel 2005 gli ha dedicato una sontuosa monografia non a caso intitolata “Ralph De Palma: Gentleman Champion”.
Nessun altro campione dello sport, in Italia e nel mondo, può vantare le cifre innanzi citate, e che nel rapporto vittorie/gare è pari... all’88,5%!
Eppure nessuno cita, nessuno ricorda, nessuno celebra, nessuno commemora Raffaele De Palma! che, detto per inciso ed anche per ricollegarmi a Pietro Mennea, è l’altro “uomo più veloce del mondo” che la Puglia può vantare.
Un record che va ovviamente spiegato, almeno nelle tappe ed episodi salienti.
De Palma è l’unico italiano ad aver battuto il record mondiale di velocità (Daytona, 1919: media 241 kmh, più veloce di quella degli aerei!).
De Palma è, fino ad oggi, l’unico italiano ad aver vinto la mitica e massacrante “500 miglia di Indianapolis” (nel 1915, mentre suo nipote Pete DePaolo, anche lui figlio di foggiani ma nato negli USA, la vincerà invece nel 1925).
De Palma ha detenuto per ben 62 anni (dal 1925 al 1987) il record dei giri condotti in testa nel corso delle “500 miglia di Indianapolis”: 613 giri (conteggiati sulla base di 10 anni di gare), record battuto solo nel 1987 dal pilota Al Unser.
De Palma è l’unico italiano ad aver vinto 3 volte il Campionato internazionale di automobilismo, a quel tempo denominato A.A.A. (nel 1912, 1914 e 1929) equivalente all’attuale Formula 1. Da quando esiste, invece, l’italiano più titolato è Alberto Ascari, che vinse il campionato di F1 nel 1952 e nel 1953, e che è anche l’ultimo ad averlo vinto.
Ma c’è di più, e non è di poco conto.
Nel 1912, nella campagna emiliana, un ragazzino di nome Enzo, dialogando con un amichetto sognava di diventare da grande un pilota automobilistico. “Vorrei essere come lui, anzi: più grande di lui!” asseriva, convinto, il futuro campione e patron della Ferrari, e dove “lui” era quel Ralph De Palma di cui si celebravano già le gesta eroiche. Ecco, se non ci fosse stato un campione come De Palma non ci sarebbero stati Enzo Ferrari e il suo genio, di pilota e imprenditore.
“Ad oggi, nessuna Istituzione della provincia di Foggia, ha sentito il bisogno di ricordare in qualche modo il più grande campione automobilistico di tutti i tempi e – con Pietro Mennea – certamente il più illustre uomo di sport di Puglia. Un eclatante caso di miopia politico-istituzionale e giornalistica, aggravato dalla considerazione apologetica che si ha del calcio ad ogni livello”.
Lo scrivevo nel 2009, nell’àmbito della scheda biografica inserita nel “Dizionario Biografico di Capitanata. 1900-2008”, volume dedicato a 595 foggiani distintisi nei vari campi e impostisi a livello nazionale e internazionale. Soltanto il Comune di Biccari - ma per la sola presentazione pubblica (agosto 2006) della mia monografia a lui dedicata - e il C.O.N.I. Provinciale (dicembre 2010) - con l’intestazione della Sala Convegni - hanno fatto timidi passi per pronunciare a nome alto il nome di Raffaele De Palma.
Passi troppo piccoli, che stridono con la grandezza del campione e dell’uomo De Palma, quel piccolo grande uomo che – come ha sottolineato anche Gary Doyle nel suo citato libro – da buon emigrante riuscì in un’altra impresa: imporsi in un’epoca in cui gli italo-americani erano considerati all’ultimo livello della scala sociale ed economica negli Stati Uniti.
Con le sue straordinarie gesta – che ho potuto meglio descrivere nel mio libro, “Ralph De Palma. Storia dell’uomo più veloce del mondo che veniva da Foggia” (Edizioni Agorà, 2006, con prefazione dell’ex campione di F1 Andrea de Adamich e di Geppe Inserra), ormai esaurito e presente solo in qualche biblioteca pubblica – e con le vittorie inanellate in maniera esemplare, Ralph De Palma fu per i milioni di emigrati italiani, sparsi negli Stati Uniti e nel mondo, il primo “eroe dello sport” a raggiungere la fama internazionale.
Per fortuna Pietro Mennea appartiene ancora ai nostri giorni e sarà difficile dimenticarlo. Ma perché continuare ad ignorare l’esistenza di un altrettanto straordinario campione i cui numeri e le cui gesta oggi farebbero impallidire chiunque?
Il mio invito è rivolto, per l’ennesima volta, agli Amministratori pubblici e ai colleghi giornalisti: vi prego, non fate ricadere nuovamente nell’oblio Ralph De Palma, anzi, fate in modo di farlo tornare in vita in ogni occasione, perché si possa farlo conoscere nella sua completezza e perché è anche un nome che potrebbe essere speso in termini di ‘marketing territoriale’ (organizzazione di corse a livello nazionale e/o internazionale, concorsi, premi letterari, convegni sull’emigrazione pugliese nel mondo ecc.).
Ho scritto una lettera l’anno scorso ad Andrea Baricco, dopo che aveva pubblicato un bellissimo articolo su “Repubblica” dedicato al mito di Indianapolis, senza nemmeno una mail di risposta. E’ stato contattato Sergio Rubini perché potesse valutare l’idea di realizzarvi un film o un documentario, senza ottenere risposta. Più volte ho espresso all’assessore regionale Elena Gentile (quando aveva anche la delega per i ‘Pugliesi nel Mondo’) l’opportunità di lavorare in qualche maniera sul nome di De Palma coinvolgendo le nostre comunità negli Stati Uniti, senza risposta. Infinite volte ho proposto al giovane Sindaco di Biccari, Gianfilippo Mignogna, di dedicare una strada o una palestra a De Palma, di allestire una mostra fotografica permanente, di installare una palina segnaletica recante l’indicazione “Benvenuti a Biccari, città natale di Donato Menichella e Ralph De Palma” (tutte iniziative a costo quasi zero!) puntualmente senza avere nemmeno uno straccio di risposta...
Quando capiremo che De Palma è patrimonio nostro e dei milioni di nostri emigrati sparsi nel mondo?
Più lo ignoreremo e più aumenterà lo ‘spread’ che ci separa da una seria cultura dello sport e che ci costringe a mangiare solo ‘pane e pallone’.
Maurizio De Tullio