Possiamo permetterci di ignorare il Mezzogiorno, escludendolo da un disegno nazionale di integrazione e solidarietà economica, civile e morale, specie in questo particolare momento di crisi generalizzata? E’ la domanda che si pone il giornalone economico confindustriale, che ha affidato la risposta ad alcune sue penne eccellenti. Il riscontro che ne consegue è un deciso, secco, motivato “no”. Sarebbe far camminare un carro con una sola ruota! Il fatto che al Nord si incominci a parlare di Mezzogiorno senza preconcetti e occhi bendati è sicuramente positivo. Anche se gli ammonimenti non mancano, tipo il peso della criminalità organizzata e la inadeguatezza della classe dirigente, elementi che di per sé costituiscono un freno nella direzione di ampliare la base economica e farle avere quel respiro di correntezza operativa che è mancata in tanti casi. Bisogna rendersi conto, afferma l’autorevole giornale della Confindustria, che “porre il problema del Mezzogiorno non solo è indispensabile, ancor più che nel passato, per la crescita del Paese, ma che è anche possibile farlo con una strategia intelligente e innovativa, compatibile col risanamento della finanza pubblica. Addirittura! Come si può fare tutto ciò? Lo suggeriscono gli stessi esperti del citato quotidiano: “Valorizzare le opportunità offerte dal Sud come leva per la crescita complessiva nazionale, con benefici anche per le economie del Nord.” E quali sarebbero queste opportunità? “I beni culturali e ambientali, i vantaggi naturali e legati ad un saper fare antico nell’agricoltura, le conoscenze specialistiche presenti nelle università come possibile motore di attività innovative meno soggette alla concorrenza di costi dei paesi emergenti. La domanda internazionale premia oggi queste risorse locali, ma bisogna saperle valorizzare con una strategia intelligente.”
Peccato che queste riflessioni non siano finite nelle agende che un po’ tutti i partiti si sono date per la campagna elettorale in corso. Si, qualcuno si è messo precipitosamente la mano sulla coscienza, ma il risultato è che si sono fatti solo riferimenti generici, i soliti che registriamo malinconicamente da tanti, troppi anni. In questo spazio, più volte é stata richiamata la necessità di un maggiore impegno della classe politica dirigente a favore del Sud, impegno , in coscienza, spesso è stato latitante, anche per il fatto che a rappresentarci, col pofcellum, sono spesso persone che vivono ed operano al Nord, proprio laddove il Sud trova più difficoltà ad entrare con i suoi problemi. Fatto questo esame di coscienza, bisogna aggiungere che per equilibrare la condizione Nord-Sud occorre che quest’ultimo sia messo nelle condizioni di poter disporre di tutto il potenziale infrastrutturale ed finanziario di cui dispone l’Alta Italia, attraverso una osmosi di energie che farebbe bene a tutto l’ambito nazionale. Ci fa piacere che l’organo ufficiale della Confindustria abbia portato alla considerazione nazionale la questione meridionale, ma saremmo più contenti se dei problemi conseguenti si facesse carico la politica nazionale. Perché Il Sud è un problema nazionale, checché ne dicano e pensino i furibondi leghisti!
Antonio Di Muro