“Tu quoque, Brute fili mi” ( Anche Tu, Bruto figlio mio),così Cesare morente, nel giorno delle idi di marzo dell’anno 44 a. C., ammoniva il suo pupillo assassino . Nell'antico calendario romano, le idi corrispondevano al 15° giorno dei mesi di marzo, maggio, luglio e ottobre e al 13° negli altri mesi dell'anno. le idi di marzo , da allora, indicarono un pericolo incombente. Moltissime sono state le monete evocative dei Romani. Tra queste possiamo annoverare il denario di Bruto, coniato dal monetario Lucio Pletorio Cestiano . Il denario raffigura al dritto il ritratto di Bruto stesso con la dicitura dell’incisore ( L.PLAET.CEST.) ed al rovescio il pileo (cappelletto simbolo di libertà) tra due pugnali con la leggenda EID MAR – idibus martiis - ("Idi di Marzo") a ricordo dell'uccisione di Giulio Cesare .Il messaggio è rimasto vivo nei secoli giungendo fino all'età moderna, quando il berretto dei Dioscuri sarà adottato come simbolo di libertà durante la Rivoluzione francese. Nel sistema monetario della antica Roma, il denario era una piccola moneta d'argento. La parola deriva da” deni “(il decimo di una serie). ”Bruto” Marcus Iuníus Brutus fu politico e scrittore (nacque a Roma nel 85 a. C. e morì suicida a Filippi nel 42 a. C.). Nipote di Catone Uticense, di cui sposò in seconde nozze la figlia Porcia, fu amico di Cicerone e combatté nelle file di Pompeo nella battaglia di Farsalo nel 48. Perdonato da Cesare, grazie al suo appoggio, venne inviato nel 46 a.C. come propretore nella Gallia Cisalpina e nel 44 a.C. , eletto pretore urbano. Venuto a conoscenza della congiura che si andava preparando contro Cesare, ne divenne uno dei più attivi organizzatori. Morto Cesare, la situazione in Roma si fece difficile per i congiurati, che non riuscirono a far sollevare il popolo.Bruto passò allora con Cassio in Grecia a organizzarvi nuove forze da contrapporre a quelle di Ottaviano e Marco Antonio, ma a Filippi, nel 42, dopo la morte di Cassio, in battaglia, fu sconfitto . I suoi amici lo esortarono a fuggire ancora, ma egli rispose con una delle sue più celebri frasi: "Fuga, sì, ma questa volta con le mani, non con i piedi". Detto questo, si suicidò. Più che portato all'azione Bruto fu uomo di studi. Dalla corrispondenza con Cicerone, che molto lo apprezzava come oratore atticista, il suo carattere risulta freddo e duro. Dei suoi scritti (storia, filosofia, poesia) rimangono solo pochi frammenti.
Giuseppe AUFIERO